Blog - Crediti


L'audio e i video © del Blog sono realizzati, curati e perfezionati da Lorenzo Doretti, che ha anche progettato l'intera collocazione.
L'aggiornamento è stato curato puntualmente in passato da diverse collaboratrici ed attualmente, con la stessa puntualità e competenza, se ne occupano Laura M. Sparacello ed Elisa Sori.

27 maggio 2013

FAVOLE DI FRAMURA IN EDIZIONE AMAZON

Circa vent'anni fa mia moglie Elena Pongiglione ha scritto e contestualmente arricchito di disegni un libro intitolato "Favole di Framura". In esso ha ripreso, reinventato, arricchito ed allargato antichi stimoli favolistici che aveva colto già sin dalla prima giovinezza. Framura è un piccolo comune, tuttavia articolato in frazioni a volte minuscole, collocato nella Riviera ligure di Levante esattamente fra Deiva e Bonassola, affacciata sul mare ma con le colline già alle spalle.
Il libro è scritto in una lingua che attinge deliberatamente alle sollecitazioni  del dialetto ancora genovese di una parte del Levante spezzino. Le favole, ovviamente illustrate da Elena,  piacquero molto a Italo Calvino: una sua lettera manoscritta, nettamente elogiativa, è riprodotta all'inizio del libro. Che venne tirato all'epoca in mille copie e si esaurì rapidamente. Da allora Elena ha ricevuto moltissime richieste da parte di Enti, biblioteche e privati ma non è più riuscita a trovare un editore che volesse rischiare una ristampa, pur presumibilmente fruttuosa.
Su consiglio e grazie all'opera di Lorenzo Doretti e dei suoi collaboratori, Elena ha provato una cosa che può sembrare esplosiva ma che sta entrando rapidamente nelle abitudini di un mondo editoriale sconvolto dall'uso rivoluzionario dei computer. Come è noto da qualche anno si sta operando nel mondo del libro stampato una mutazione ancor più decisiva, nella diffusione della parola scritta, di quella che fu l'invenzione della linotype nell'Ottocento, se non addirittura del decisivo apporto di Gutenberg. Elena, infatti, è ricorsa a quello che è presumibilmente il più diffuso dei diversi canali usati per commercializzare gli scritti nell'universo on-line. Cioè ha inviato ad Amazon il suo testo adattando la veste grafica alle esigenze di una stampa così innovativa. Il testo è stato pubblicato e le "Favole di Framura", che replicano fedelmente l'originale,  possono ora essere acquistate in tutto il mondo. Il sistema più semplice è quello di usare una carta di credito. Ricevuto il versamento Amazon provvederà a stampare una copia (o più copie, se ovviamente si versa il prezzo necessario) ed a spedirvi a casa il plico entro pochi giorni.

Se siete interessati potete visitare il sito di Amazon cliccando su questo tasto QUI!


COMUNICAZIONE DI SERVIZIO

SBARRAMENTO CONTRO GLI INTRUSI

Da diverso tempo il BLOG è preso d'assalto da un misterioso meccanismo di computer che invia a raffica insensati commenti in inglese. Su consiglio di Doretti e di Laura abbiamo provato ad inserire uno sbarramento che funziona in questo modo: chi scrive per giungere a pubblicare un commento sul Blog deve preventivamente digitare una brevissima scritta, che apparirà automaticamente ogni volta che si aprirà la voce "Commenti". Poiché questa rapida operazione esige un intervento umano non può automaticamente essere portata a termine da un robot ed implica  comunque che un essere umano voglia interferire offrendo un minimo di "manipolazione".
Mi rendo conto che può sembrare noioso a chi vuole inserire nel Blog un suo commento, ma è un esperimento che facciamo nella speranza di dirottare i maligni disturbatori automatici.
Se non dovesse funzionare o se destasse proteste e rimproveri provvederemo ad annullare l'intera (piccola) operazione difensiva.


L'OSSERVATORE GENOVESE

Come d'abitudine appongo qui di seguito la puntata domenicale della mia rubrica "Visto con il Monocolo" per il Corriere Mercantile. Mi auguro che l'argomento, pur nella sua futilità, possa interessare a qualcuno. Approfitto dell'occasione per far presente che sto terminando uno dei due libri che ho in preparazione e che spero di consegnarlo all'editore entro giugno. Dopo essermi liberato di questo piccolo incubo portatile potrò occuparmi di nuovo,  e di più, del Blog e dei suoi affezionati lettori. Molti cordiali saluti a tutti.

VISTO CON IL MONOCOLO

QUEL CHE CONTA OGGI E' APPARIRE IN TELEVISIONE
Ho conosciuto qualche giornalista, volenteroso ma tendenzialmente ignorante, che iniziando a scrivere, diceva ai colleghi: “Mi manca l’incomincio”. Confesso di trovarmi quasi nella stessa situazione perché, quasi per caso, ho scoperto che tramite internet si possono scoprire moltissime cose su due “disturbatori professionisti”, i quali da anni appaiono in televisione con misteriosa e micidiale regolarità. L’uno è il più noto Gabriele Paolini nato a Milano nel 1964 (padre generale e mamma cantante lirica) che si è definito “il profeta del condom”, ha un suo sito, irrompe di continuo in programmi televisivi, soprattutto nelle dirette giornalistiche, ha collezionato molte denunce e condanne a diversi anni di carcere (ma c’è stato veramente?), è citato nei Guinness dei primati e una volta è stato preso a calci in diretta dal giornalista Fraiese. Da diversi anni è affiancato da un concorrente (con cui non si parlano da tempo): si chiama Mauro Fortini, romano, lo si vede ormai quotidianamente in tutti i telegiornali (è quell’uomo di mezza età, dall’aria addolorata, che spesso tiene in mano un taccuino palesemente inutile ed è sempre a ridosso dell’intervistato). Anche lui è largamente ritrovabile in internet, si scopre che, contrariamente a Paolini, non vuole disturbare e si propone soprattutto di apparire anche lui nel Guinness dei primati. Dice di aver collezionato fino ad oggi 38mila apparizioni e in 12 anni di non aver mai avuto un mese di buco (a casa, con due televisori e vecchi videoregistratori ormai fuori commercio, colleziona tutte le immagini che lo riguardano). Sembra essere di condizioni modeste ma non lavora e grazie, ad una sistematica ricerca compiuta ogni mattina presso i palazzi del potere, è più aggiornato lui sui movimenti degli uomini politici che gli stessi giornalisti veri (molti dei quali lo consultano periodicamente per essere informati in tempo).
Sono entrambi due esempi spaventosi di ciò che la televisione ha modellato nel mondo da quando è diventato un complemento inevitabile della nostra esistenza. Quel che conta non è essere, fare, parlare o scrivere. Ma apparire. Essere “dentro il video”. Confesso che mi fanno un po’ paura tutti e due.

Claudio G. Fava
(battute 2.197)
(titolo originale: QUEL CHE CONTA IN QUESTO MONDO E' APPARIRE IN TELEVISIONE)



20 maggio 2013

L'OSSERVATORE GENOVESE

Ribadendo un'abitudine che si è ormai quasi consolidata riporto qui il testo della mia rubrica domenicale apparsa sul "Corriere Mercantile" del giorno 19/05/13. A rileggerla mi sembra un po' noiosa, ma spero di sbagliarmi. Molti cordiali saluti a tutti.

VISTO CON IL MONOCOLO

TROPPO SBALORDITI DAL FEMMINICIDIO

Ci sono due cose che mi colpiscono molto nell’Italia, di oggi. L’una è l’imperversare orribile dell’uccisione di donne da parte di uomini che faziosamente rivendicano dei diritti su di esse: ex-mariti, ex-fidanzati, ex-qualche cosa. Tutti uniti in nome di una folle comunità di intenti: essi hanno assolutamente il diritto di non essere abbandonati, e se questo avviene uccidono. Naturalmente l’elemento base della gelosia che sfocia nel delitto è sempre esistito: motiva tanti successi della letteratura alta e di quella bassa. Ed un certo numero annuale di delitti passionali fa parte delle statistiche della criminologia, delle scadenze del giornalismo ed in certo senso della logica stessa della narrazione romanzesca. Ma quel che sta succedendo da qualche tempo in Italia, sfida ogni precedente e fa venire i brividi. Ha persino portato alla creazione di un sostantivo, “femminicidio”, corretto nella struttura ma credo mai usato in precedenza (il dizionario del Battaglia, che è la mia bibbia in materia, non ne fa menzione). Non vorrei essere frainteso: non è che io pensi che vi sia un numero fisso accettabile nel caso dei delitti passionali. Sono tutti egualmente deplorabili e terribili. Ma da qualche tempo si direbbe che abbiano colpito l’Italia come un flagello o un virus. E visibilmente la nostra società, che affronta tutti i tempi nuovi con una organizzazione di altri tempi, né vuole né è in grado di porvi rimedio, a dimostrazione del fatto che la nostra Repubblica è sempre più disancorata dalla realtà di tutti i giorni. L’altra cosa che mi lascia ugualmente stupefatto è l’unanime reazione di tutti i testimoni, dei vicini di casa, dei negozianti, dei conoscenti, anche occasionali, di vittime di un massacro orribile: sono sempre sbalorditi. Come è possibile? Tutti dicono: persone così perbene, apparivano così gentili quando salutavano di fronte all’ascensore, fra di loro sembravano andare estremamente d’accordo…e via dicendo. Con le banalità usuali, in cui si articola la maggior parte delle conversazioni pubbliche e private. Mai che qualcuno abbia provato un minimo sospetto. E’ possibile che un’intera nazione sia attonita e sbalordita di fronte al Male? Non ci credo.


(TITOLO ORIGINALE: UN'ITALIA CHE UCCIDE E UN'ALTRA CHE NON SE NE ACCORGE)

Claudio G. Fava
(Battute 2.200)

15 maggio 2013

A DOMANDA RISPONDE

Da almeno due mesi non rispondo alla posta che mi è via via giunta nel Blog (per la verità qualche commento mi è giunto via mail e poi l’ho trasferito nel Blog, ma preferisco che il materiale affluisca direttamente a Clandestino in Galleria, considerato anche il fatto che il sistema per farlo è assai semplice).
Comincio in ordine di data con le missive più lontane nel tempo. Dopo la pubblicazione di “L’Italia di Totò e dei Moschettieri” (2/04/13) Gianni Dello Iacovo mi fa osservare che così come si parla sempre dei Tre Moschettieri che in realtà erano quattro (ma D’Artagnan inizialmente venne arruolato nelle Guardie e solo in un secondo tempo fu posto, insieme a Athos, Porthos e Aramis, agli ordini di Monsieur de Treville) si citano sempre i quattro moschettieri Gasman, Manfredi, Sordi e Tognazzi e mai il quinto. E cioè, secondo Dello Iacono, Mastroianni. Mi sembra che sia un esclusione giustificata dalle caratteristiche peculiari di Marcello, in cui si rinvenivano anche, occasionalmente, tonalità comico-grottesche, ma che incarnava prevalentemente una maschera sospesa fra il drammatico e il poeticamente attonito. Grazie ad essa rivelava le sue qualità migliori, quelle a cui dovette la sua fama internazionale. Concordo con Rear Window sulle caratteristiche genialmente inventive di Age e Scarpelli come creatori di un nuovo linguaggio. Concordo anche  con Rosellina sul fatto che il cinema italiano di qualche tempo fa riposava su una inventiva robustezza di fondo, la quale consentiva a registi, sceneggiatori ed attori di esprimersi al meglio. In realtà penso che sia la società italiana nel complesso ad attraversare un peggioramento globale e facilmente avvertibile, sia, come si dice, nella sfera pubblica che in quella privata. Gli esempi, che attengono alla cronaca politica come a quella giudiziaria e criminale, sono davanti agli occhi di tutti. Il cinema, pur con lentezze, goffaggini e sfacciate scaltrezze, è un riflesso di quello che la società è e di quello che la società vive. Quest’ultima osservazione è anche implicitamente ed esplicitamente, una risposta a Rita M.
Passiamo ora ai commenti riguardanti il mio brano su Jannacci (9/04/13): sostanzialmente concordano tutti nei giudizi favorevoli. Divertente il testo della canzone “Giovanni telegrafista” (“…per andare abitare città grande piena luci gioielli”) con le preposizioni tagliate secondo la regola dei telegrammi, inviato da Enrico. Rosellina e Rita M. sono d’accordo con me e il ricordo personale di PuroNanoVergine, che all’età di sette anni conobbe il cardiologo Jannacci, è indubbiamente curioso e inatteso.
Rosellina e Enrico hanno scritto a proposito dell’humour ligure (15/04/13). Faccio osservare che quello di Dapporto fu una variazione tutta particolare, tipica della Sanremo di una volta e più largamente di quel frammento della Liguria di ponente che fino agli anni trenta era ancora legata alla vicinissima Francia di confine da un antico rapporto che risaliva al Regno di Sardegna. Per la gente di Ventimiglia Mentone e Nizza erano molto più famigliari di Genova. E, prima di imbattersi nel curioso ma sostanzialmente comprensibile provenzale di Nizza, si veniva a contatto, poco dopo il passaggio di frontiera, con il “post-genovese” parlato a Monaco (u munegascu). In questo senso le citazioni francesi di Dapporto (…dal gallico) avevano un senso preciso e rivelavano una dimestichezza quotidiana che via via, con il passare delle generazioni e l’arrivo in massa dei calabresi, ha mutato tutte le antiche caratteristiche comuni fra il Ponente ligure e la vecchia Contea di Nizza. Tanto è vero che quando Dapporto provò, lui Sanremasco, a recitare a Genova il repertorio di Govi dovette letteralmente cambiare lingua.
Per quel che riguarda l’articolo del 22/04/13 su Papa Francesco (che, non so perché continua ad essere citato dalla stampa scritta e dalla televisione come Francesco e non come Francesco I) ringrazio i fedelissimi Rosellina e PuroNanoVergine. A proposito della mia confessione di stanchezza apparsa nel Blog il 27/04/13, ringrazio ancora il gruppo dei fedelissimi: Rosellina, Rita M., Enrico (in tanti anni di vita a Roma non ho mai sentito l’espressione “robba paccuta”!), Giorgio e Luciano Garibaldi con cui passammo tanto insieme in redazione più di quarant'anni fa. Per quel che  riguarda PuroNanoVergine non so se posso garantire un altro settennato o, come si diceva meglio un tempo, settennio; (ho controllato nel Battaglia e ho visto che la parola “settennato”, anche se presente già in Croce e in Gramsci, è ricalcato sul francese “septennat” mentre “settennio” viene dal latino tardo “septennium”).
Mi fa piacere che Rosellina (3/05/13) legga con interesse la tabella dei film usciti a Genova; mi auguro che possa venire una volta a Genova ed assistere (un primo Lunedì del mese, da Ottobre a Giugno) ad una Stanza del Cinema, che vive ormai sullo zoccolo duro di appassionati (per la verità di appassionate, perché sono quasi tutte signore). In quanto alle osservazioni varie sulla Germania 06/05/13 faccio osservare a PuroNanoVergine ed a Corto Maltese che io pensavo istintivamente a squadre di Club (tipo “Champions League”) e non a rappresentative nazionali, dove in genere l’Italia, pur con minor applicazione ma con maggior inventiva, riesce quasi sempre a vincere. Le squadre di Club sono attualmente una dimostrazione della furbizia e della elasticità con cui i tedeschi si stanno impadronendo di nuovo dell’Europa. Ad esempio il Bayern Munchen conta 26 giocatori che formano la cosiddetta “rosa”: di essi 14 sono tedeschi e ben 12 stranieri (sono rappresentati la Francia, il Belgio, l’Olanda, la Svizzera, il Perù, il Brasile, la Croazia, la Spagna e l’Austria). Come si vede l’abitudine di attingere fuori dai confini, comune ormai a tutte le squadre europee, è rigorosamente praticata anche dalle squadre tedesche, che sono anche per quel che mi risulta, le più solide finanziariamente (stadi efficienti, pubblici compatti). La voglia tedesca di dominio è intrisa di una furbizia un tempo assente in Germania, che la rende ora doppiamente “pericolosa”.
I post giunti il 6/05/13 (ringrazio per le lodi) mi consentono una precisazione che riguarda proprio il mio omonimo. Infatti in questi giorni si parla di lui come di un possibile Presidente del Copasir (Comitato Parlamentare per la Sicurezza della Repubblica), importantissimo perché veglia sui nostri Servizi Segreti.
Veniamo infine ai post giunti in occasione del mio scritto del 13/05/13 su Andreotti. Enrico, a cui il personaggio non garbava, fa un riferimento a Tatti Sanguineti di cui si occupava anche Anonimo in un post del 6/05/13. Facendo cioè riferimento alla telefonata in cui lo stesso Tatti parlava a lungo del suo sfortunato documentario su Andreotti, rimasto purtroppo incompleto. Ne abbiamo parlato al telefono e mi pare di capire che nutra qualche speranza di poterlo recuperare.
Spero di avere risposto a tutti in modo abbastanza esauriente. Ringrazio i soliti fedelissimi della loro utilissima partecipazione al Blog e resto sempre in attesa di commenti e suggerimenti, entrambi graditissimi.
Mi auguro a presto con qualche mio apporto nuovo e più sostanzioso…

13 maggio 2013

L'OSSERVATORE GENOVESE

Con la solita scadenza settimanale riporto qui il testo della mia rubrica "Visto con il monocolo" apparsa sul "Corriere Mercantile" di domenica 12 Maggio. Molti cordiali saluti a tutti.

VISTO CON IL MONOCOLO

PURTROPPO NON C'E' STATO IL PAPA GIULIO I


É probabile che domenica 12 Maggio, quando queste righe appariranno, i commenti alla morte di Giulio Andreotti siano già stati superati, o in qualche modo aggirati, nella perenne gara di inseguimento delle notizie tipico della nostra epoca. Tuttavia, correndo il rischio di apparire goffo o superato, voglio anche io scrivere un modesto contributo in materia. Andreotti aveva circa 10 anni più di me. Essendo egli stato precocissimo posso ben dire che la mia intera vita, come quella di tanti altri italiani, è stata scandita da infinite notizie su di lui e sul suo cammino. Che io da lontano, e senza minimamente conoscerlo, ho sempre seguito con estremo interesse, persuaso, come ero e come sono, che egli fosse un protagonista essenziale della politica italiana (scriveva anche libri divertenti e informati). È stato forse il nostro Talleyrand, come qualcuno ha scritto (come abilità manovriera, forse, ma non certo come avidità di denaro e di piaceri, vista la sua vita austera) ma sicuramente aveva una caratteristica che lo rendeva diverso da quasi tutti i politici democristiani. Era profondamente romano, ma era anche (limitatamente) italiano. In realtà Andreotti era soprattutto, e in maniera decisiva, vaticano. Se si fosse fatto prete, come tanti suoi amici di giovinezza, avrebbe potuto diventare uno straordinario cardinale- un Segretario di Stato ben superiore anche a quelli più famosi nella carica- e, forse, un Papa. Vescovo di Roma, e notoriamente romanista, sarebbe stato un pontefice profondamente radicato nella città (“…romano lo volemo, o almanco italiano!”) e al tempo stesso istintivamente internazionale come lo furono nel passato tanti ecclesiastici capitolini. Come uomo politico fu naturalmente paralizzato dal fatto di operare in una nazione di grande importanza storica e culturale, ma che in politica estera conta poco o nulla. Dal Vaticano (con cui egli visse in simbiosi sin dalla giovinezza) avrebbe potuto spaziare su tutto l’universo mondo con una autorità a cui la sua scaltrezza ed il suo tempismo avrebbero conferito un “tocco” probabilmente insuperabile. Ha preferito sposarsi ed avere una bella famiglia. Ma ha perso la possibilità di un’avventura esaltante.

6 maggio 2013

E' DIFFICILE CONVIVERE CON UN (QUASI) OMONIMO PIÙ GIOVANE

Credo di dovere un minimo di spiegazione ai miei lettori. Da tanti anni convivo con un' ombra umana, che nella realtà è un giornalista siciliano mio quasi omonimo. Si chiama Giovanni Giuseppe Claudio Fava ed è nato a Catania il 15 Aprile 1957. Suo padre (incredibilmente si chiamava Giuseppe, proprio come mio padre) era anch'egli un giornalista, che si dilettava di politica e di calcio e che, proprio per la sua militanza politica, venne ucciso nel 1984 quando dirigeva la rivista "I Siciliani". E' convinzione comune che egli abbia disturbato troppo la mafia e che questa abbia provveduto a sopprimerlo. Con Fava (chiamato abitualmente Pippo) eravamo diventati amici quando, non so più in quale Festival del cinema (mi pare a Sorrento) l'ufficio stampa continuava a confonderci inviando all'uno i comunicati indirizzati all'altro, con il risultato che avevamo incominciato a frequentarci. Il suo nome, uguale a quello di mio padre (che però in famiglia era chiamato non Pippo ma Peppino) mi aveva turbato da quando avevo scovato la sua firma su "Tuttosport". Quando nel 1970 mi trasferii a Roma per lavorare alla Rai, Pippo, che si trovava spesso nella Capitale per motivi di lavoro e credo anche per motivi personali, veniva sovente a trovarmi in ufficio. Conservo ancora uno dei suoi libri con una dedica affettuosa. Suo figlio sapevo che esisteva e che si chiamava come me (anche se controllando su Google ho appreso che Claudio è solo il suo terzo nome dopo Giovanni e Giuseppe). Di fatto non l'ho mai incontrato salvo una volta che lo sfiorai occasionalmente in un aeroporto  e lui venne verso di me tendendomi la mano e dicendo qualcosa come: "a questo punto...".
Da molti anni le nostre carriere si sfiorano, senza nessuna occasione d'incontro, ma essendo ognuno dei due consapevole dell'esistenza dell'altro. Ma da quando la posizione professionale e politica di Claudio Fava è diventata più visibile e ben più importante della mia (attualmente è deputato e portavoce di SEL, il movimento che fa capo a Niki Vendola) le occasioni di citazione e quindi di confusione sono diventate più palesi. Non è un caso che in Google a volte risultino mescolate le sue e le mie opere (quando vinse un premio per la sua partecipazione alla costruzione ed alla sceneggiatura del film "I Cento Passi"di Marco Tullio Giordana, io ricevetti una telefonata non so da dove di un signore misterioso che mi disse pressapoco: "Sapevo che lei si interessa di cinema ma non che si occupasse anche della lotta contro la mafia. Molti complimenti per I Cento Passi").
L'unica cosa che mi salva da una (quasi) omonimia è l'abitudine che presi da giovanissimo, pressapoco a diciotto anni, di firmarmi "Claudio G.", affascinato dal doppio ma brevissimo secondo nome di tanti scrittori americani. C'è indubbiamente una sorta di curiosa predestinazione in questa vicinanza di denominazioni, vista la scelta operata dall'"altro Claudio" di usare il suo terzo nome come se fosse il primo. Ma indubbiamente il mio desiderio di differenziarmi da lui, sia per ragioni di età (ho 28 anni più di lui) che per ragioni politiche, resta, mi sembra, assolutamente legittimo. E mi auguro che i miei lettori lo comprenderanno.

L'OSSERVATORE GENOVESE

Come è ormai tradizione riporto qui il testo della mia rubrica domenicale su il Corriere Mercantile, pubblicata pubblicata il 5 Maggio. Considerata la data, la coincidenza è del tutto casuale. Non intendo assolutamente paragonarmi ad Alessandro Manzoni.

VISTO CON IL MONOCOLO

LA GERMANIA ARRIVA IN FINALE
Volevo dedicare questa puntata della rubrica a Gaetano Quagliariello, attuale ministro delle Riforme Costituzionali. E’ uno degli specialisti italiani di De Gaulle e intendevo approfittarne per recuperare la straordinaria lezione di ingegneria costituzionale che il Generale ci ha lasciato in eredità, grazie alla Costituzione da lui varata. Ma c’è tempo per farlo la settimana prossima, mentre oggi reagisco ad una foto apparsa nella prima pagina del Corriere della Sera con il sopratitolo “Bayern-Borussia”, il calcio come metafora con un articolo di Gian Arturo Ferrari intitolato: “Ordine e talento, la lezione tedesca”, tema ribadito in due pagine di sport,. In effetti la lezione che emerge dalla vittoria del Bayern sul Barcellona, e quindi dal fatto che la finale della Champions League vedrà addirittura due squadre tedesche disputarsi il titolo, dovrebbe incuriosire anche chi non si interessa di calcio. Vale a dire il fatto che in Europa nonostante ogni sforzo contrario alla fine le caratteristiche collettive dei tedeschi finiscono sempre con l’imporsi:la dedizione al lavoro, la capacità di cooperare ad un obbiettivo comune, la disciplinata testardaggine nel dedicarsi ai propri compiti. In Europa ci abbiamo provato due volte a liberarci dai tedeschi: dal 1914 al 1918, e dal 1939 al 1945. Ogni volta la Germania era debellata, totalmente sconfitta, finanziariamente annullata e, nel secondo caso, anche fisicamente distrutta. Ed ogni volta nel giro di pochi anni è ritornata in piedi, compatta e combattiva (ha recuperato anche l’immenso peso negativo dell’eredità DDR). Non è un risultato che mi entusiasmi particolarmente ma è innegabile e davanti agli occhi di tutti come lo è l’ovvia preminenza che la signora Merkel esercita sull’intero continente. Come latini, e particolarmente come italiani, mi rendo conto che è un risultato finale fatto apposta per lasciarci al tempo stesso perplessi ed irritati. Ma penso che dovremmo prenderne atto una volta per tutte e tenere definitivamente conto del fatto che nell’Europa di oggi il peso della Germania è molto superiore a quello che aveva vagheggiato Bismarck nei suoi momenti di maggior ottimismo. Rassegnamoci, una buona volta.


(battute 2.198)


(TITOLO ORIGINALE: PUO’ NON PIACERE MA ALLA LUNGA LA GERMANIA ARRIVA IN FINALE)

3 maggio 2013

LA STANZA DEL CINEMA

VOTI DEI FILM USCITI A GENOVA NEL MESE DI APRILE 2013
Come ogni mese Guido Reverdito mi invia la tabella dei film usciti a Genova nel mese e dei voti ad essi assegnati dai colleghi genovesi del Sindacato Nazionale Criticiti Cinematografici Italiani. L'elenco  che pubblico qui è quello completo. Lo stesso elenco, ridotto però per motivi di spazio del giornale ad un massimo di 15 titoli, verrà pubblicato nell'edizione di Lunedì 6 Maggio, in occasione dell'abituale incontro mensile con il pubblico genovese nella cosiddetta "Stanza del Cinema" di Palazzo Ducale.
Buona lettura a tutti.
(Ricordo che se la tabella non apparisse completamente leggibile può essere ingrandita nel computer cliccandoci sopra e zummando)