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19 giugno 2012

UMBERTO DI SAVOIA E LE “VENDETTE” DEI SUOI DISCENDENTI


Ho appena letto, mi sembra sul Corriere della Sera, che una delle reti Rai trasmetterà un “Reality” presentato da Emanuele Filiberto di Savoia. Confesso che è una di quelle notizie che mi tagliano le gambe. Il comportamento di questi ultimi Savoia (suo, di suo padre e, ai suoi tempi, di sua zia Maria Beatrice detta “Titti”) passa ogni limite nella mancanza di gusto. Perfino i cugini Aosta, sicuramente più controllati nel modo di vivere, sono riusciti a diventare protagonisti di una regia soap-opera. Essi infatti, seguendo i dettami di un superstite Senato del Regno, hanno improvvisamente disconosciuto, con molto ritardo (quasi quarant’anni!) il matrimonio di Vittorio Emanuele con Marina Ricolfi Doria perché celebrato, nel 1970 e nel 1971 (quello civile e quello religioso) contro la volontà di Umberto di Savoia, ultimo Re d’Italia, padre di Vittorio Emanuele. E pertanto  Amedeo di Aosta ha quindi avocato a se il diritto di rappresentare le ragioni dinastiche di casa Savoia, nominando ufficialmente suo erede il figlio Aimone (che fa il dirigente della Pirelli in Russia e sembrerebbe il più sensato di tutti). In questo modo anche i Savoia sono riusciti a dividersi in due ordini di pretendenti. Come hanno già fatto i Borbone di Francia, profondamente separati fra il ramo Orléans che fa capo al Conte di Parigi e quello  che riconosce come legittimo erede il Duca D’Anjou, detto dai suoi fedeli Luigi XX. Come è noto gli Orléans discendono da un fratello minore di Luigi XIV e hanno nella loro storia personaggi come Filippo, detto Filippo “Egalité”, il quale votò la morte del cugino Luigi XVI, e come suo figlio Luigi Filippo, che divenne invece Re dei francesi. Pertanto l’ombra del ”regicida” grava sugli Orléans e non ci si stupisce che i più rigidi fra i legittimisti gli preferiscano Luigi XX, e cioè lo spagnolo Alfonso di Borbone. Questi discende direttamente da Luigi XV e nel suo albero genealogico si ritrovano una serie di principi spagnoli che erano anche pretendenti borbonici in Francia (per un’astuzia “politica” la madre del prima ricordato pretendente, Luis Alfonso de Borbòn y Martinez – Bourdiù, detto appunto Luigi XX, è figlia della figlia del generalissimo Franco, il che aveva convogliato su suo padre curiose ipotesi al tempo stesso carliste e franchiste in Spagna e borboniche in Francia).
D’altronde anche i nostri Borbone, come molti di questi Re senza corona, sono riusciti a dividersi in due famiglie rivali di pretendenti al trono. I cultori di curiosità dinastiche sanno infatti che ci sono due rami dei Borbone delle Due Sicilie pretendenti al trono di Napoli. Quello cosiddetto francese, che fa capo attualmente al Duca di Castro, il quale prima fu Duca di Calabria ed ancor prima Duca di Noto. E quello detto spagnolo, che ha al suo capo un altro Duca di Noto, Don Carlos, riconosciuto come legittimo pretendente da Juan Carlos Re di Spagna, suo cugino. E’ curioso quindi che in Francia e in Italia più si perde il trono più lo si reclama. Il che può accadere, secondo i casi, l’epoche e le persone, con maggiore o minore dignità. Ma non v’è dubbio che il comportamento di Emanuele Filiberto sia il più strano fra tutti. Da un lato non mi pare che abbia completamente rinunciato ai suoi diritti teorici, ma dall’altro sia lui che suo padre hanno riconosciuto quasi festosamente la Repubblica italiana e la persona e la carica del suo Presidente. D’altro canto Emanuele Filiberto si ostina a coltivare una sua curiosa vocazione da “entertainer” e da conduttore televisivo, puntando su un appannato richiamo principesco e su una garbata ma palese mediocrità. Poiché conosce, credo, diverse lingue avrebbe potuto puntare su questo particolare secondario ma non trascurabile all’ interno di una televisione italiana ossessionata da personaggi spesso assurdi che l’italiano lo parlano male ma con arroganza. Invece si limita a riproporsi con incomprensibile tenacia  nella figura di un commentatore – protagonista che non si capisce da quale carisma dovrebbe essere sorretto. Io non so che cosa ne penserebbe suo nonno. Si può dir quello che si vuole di Umberto II ma è fuor di dubbio che nell’esilio si comportò con molta dignità (pur nella imbarazzante separazione familiare, lui in Portogallo la moglie in Svizzera, che segnò in certo modo tutto il suo matrimonio). Mi chiedo cosa avrebbe potuto pensare del suo nipote, né principesco né regale. Mi rendo conto che il risultato del referendum del 2 giugno 1946, favorevole alla Repubblica, aveva giudiziosamente anticipato i tempi. Ma credo che nessuno dei monarchici che, nel maggio e nel giugno di quell’anno, sventolavano il tricolore con lo stemma sabaudo durante le manifestazioni monarchiche (a Roma in quel periodo abbastanza frequenti) avrebbe potuto minimamente immaginare un futuro di Casa Savoia sospeso fra i postumi del Grande Fratello.
E’ un argomento fastidioso sul quale mi riprometto di non tornare più!

3 commenti:

Rosellina Mariani ha detto...

Condivido in pieno quello che dici su Emanuele Filiberto E' veramente la figura di commentatore presentatore meno carismatica che esista!
I tuoi articoli sono sempre acuti.

Enrico ha detto...

Questi signori forse non troverebbero posto nemmeno in un'operetta di Franz Lehar.Ha detto che non vuol più tornare sull'argomento...ma vorrei che spendesse qualche parola su un personaggio che non conosco ma che per titolo e nome mi ha sempre incuriosito : il Ministro della Real Casa Falcone Lucifero.Cordiali saluti

Gianni Dello Iacovo ha detto...

Per quanto mi riguarda l'ultimo "reale" italiano degno di questo epiteto é il Principe Antonio De Curtis che, se non erro, tra i vari titoli vantava quello di Imperatore di Costantinopoli.:-)