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31 maggio 2012

I CORVI E LE COLOMBE DALLA FINESTRA DEL PAPA.


In questi giorni le cronache, a parte i doverosi echi del terremoto, sono ricche di informazioni sul recente “scandalo” del Vaticano, sino all’arresto dell’aiutante di camera di Benedetto XVI. Ancora una volta i vertici della Chiesa Cattolica fanno parlare di sé, ma lo fanno in un loro modo inimitabile, che oscilla fra il casalingo e l’universale.

Confesso che, fin dal primo momento, ho seguito le cronache giornalistiche di quel che è accaduto e accade in Vaticano con una attenzione fervorosa e inquieta, vale a dire con lo stesso spirito di profonda dedizione e di partecipante inquietudine con cui solitamente si divorano i romanzi di avventure. Di cui sono appunto  lettore fin da ragazzo e nei quali si respira il venticello, apparentemente fantastico ma in realtà minutamente letterale, della grande inventiva che interpreta e spiega la storia. Da Rafael Sabatini a Rudyard Kipling, da Dumas padre a Fredric Forsythe, nonostante la sensibile differenza di epoca e di statura  variano solo il talento, la cultura, lo stile, la padronanza della lingua, il rigore morale, ma resta sempre eguale l’ intenzione, furbesca e divertita, di recuperare i grandi avvenimenti ed i piccoli personaggi del passato e di reinventarli, cioè di rimodellarli in funzione di uno o più esseri fondamentali, divenuti eroi meravigliosi e, spesso, simboli. Tutte considerazioni che mi stimolano a seguire le recentissime cronache dei “Corvi” vaticani con la stessa fidente attenzione con cui da bambino leggevo, per fare un esempio, le avventure di Ivanhoe, dei Templari, dei sassoni e degli ebrei d’Inghilterra (ovviamente secondo Walter Scott). Cioè con la stessa voglia di un tempo di sbirciare interni di palazzi e di appartamenti,  consegnati alla nostra mente ed al nostro cuore da inappuntabili planimetrie e al tempo stesso popolati da splendide figure romanzate.
In effetti tutta la cronaca vaticana di questi ultimi giorni sembra frutto della fantasia sbrigliata, ma anche superficialmente avventurosa e palesemente orecchiata, di un professionista (di successo) della “soap opera” parareligiosa, come, ad esempio, Don Brown, l’autore, fra l’altro,  del fortunatissimo e pasticciatissimo “Codice da Vinci”. Infedeli aiutanti di camera, cardinali furbeschi o traditi, un Segretario di Stato che non si capisce se è scaltrissimo o ingenuo, una paludata e misteriosa burocrazia in tonaca, un alternarsi di sabotaggi ammiccanti e di addolorate denunce. Ecco, ancora una volta, una partitura che ribadisce la fortissima superiorità del Centro di Controllo e cioè (avrebbe detto Le Carrè “d’antan”, del Circus della Chiesa Cattolica) chiamato appunto Stato della Città del Vaticano, su tante strutture meramente umane e quindi anche su quella fisicamente più vicina di tutte, cioè la Repubblica Italiana. Di rado, da diverso tempo a questa parte, abbiamo avuto la riprova della differenza di statura fra i due Enti. Tutto in Vaticano è, in certo modo, senza confini regionali e temporali, fisiologicamente internazionale, pur essendo, anche oggi come in tanti tragici avvenimenti del passato, strettamente legato ai luoghi deputati del potere centrale del Papa. Il respiro che vi si avverte è mondiale, spazia in tutti Continenti, si articola attraverso cardinali e prelati di tante diverse nazionalità e lingue ma al tempo stesso, secondo l’antica tradizione della Chiesa, si esplica in un ridottissimo cerchio nella carta geografica della città di Roma. Relativamente poche strade e pochi palazzi (molto spesso nel Quartiere Prati) in cui, come al tempo dei Borgia, si recita uno psicodramma palese e segreto, locale e mondiale al tempo stesso. Quando le cronache di questi giorni convulsi - che vedono i “corvi”, invece delle colombe, uscire dalle finestre dell’appartamento papale, e perfino l’aiutante di camera di Sua Santità posto in galera - si saranno dilatate e concretate vorrei tornare con calma sull’argomento. Per ora quel che si può dire oggi è che quanto più fanno impressione gli accadimenti recenti verificatosi “oltre il Portone di Bronzo”, tanto più essi si iscrivono in una antichissima tradizione. Che ha visto la Chiesa profondamente scossa nei secoli da scandali ben più espliciti, clamorosi, tormentosi e dolorosi di questo, e tuttavia mai completamente tocca nel profondo. Considerato che, almeno da un punto di vista statistico e con esplicite variazioni e cambi da Continente a Continente, i Cattolici nel mondo continuano ad aumentare di numero. Io sto cercando di raccogliere un po’ di materiale apparso nei giornali, e certamente il materiale non manca. Almeno per due volte l’Osservatore Romano ha posto in prima pagina notizie sullo “scandalo”: addirittura, oggi giovedì 31/05/12, ecco un titolo su sei colonne dice: “Falsata l’immagine della Santa Sede” mentre nell’occhiello e nel sommario si ribadisce doppiamente il concetto: “il Papa definisce gratuite le illazioni di alcuni media sulla Curia” e “Benedetto XVI rinnova la fiducia e l’incoraggiamento ai suoi più stretti collaboratori”. Un impegno anche formale, come si vede assai notevole tenuto conto del carattere dell’Osservatore Romano, che è sì un “giornale quotidiano politico religioso” (Unicuique suum, Non prevalebunt) ma è di fatto un organo ufficioso, anche se non formalmente ufficiale, della Santa Sede. Non è un caso che in genere, in prima pagina, sotto il titolo “Nostre informazioni” e “Provvista di Chiese” si comunichino le nomine effettuate dal Papa, particolarmente nomine di Vescovi in giro per il mondo, e si citino il nome dei diplomatici e dei dignitari ricevuti in udienza. In buona parte si tratta di Vescovi in visita “ad limina”, ovvero ”ad limina apostolorum” e cioè “alle soglie degli apostoli”, sottointesi Pietro e Paolo (come noto un Vescovo europeo deve recarsi in udienza dal Papa almeno una volta ogni 5 anni. Periodo che è aumentato a 10 anni per i Vescovi extraeuropei).
In questi giorni continuerò a tener d’occhio le principali testate (invidiando i grandi vaticanisti che hanno le loro personali fonti di informazione) per cercare di capire in quale modo può evolversi una complessa situazione politico-religiosa. Si pensi alla clamorosa polemica in corso a proposito della gestione delle Banche vaticane ed ai vaghi ma terribili sospetti legati alla sepoltura di “Renatino”, della Banda della Magliana, nella Basilica di S. Apollinare. Oppure a quei supposti contrasti, su cui la stampa insiste molto, fra il Cardinal Tarcisio Bertone, Segretario di Stato, ed alti esponenti della Chiesa. Anni fa mi capitò, non so più in quale occasione, di trovarmi insieme ad altri invitati, in una conferenza stampa a fianco della suddetta Eminenza. Che mi parve un astuto piemontese di provincia – è nato a Romano Canavese, distante una quarantina di chilometri da Torino – sorretto da quell’allegria chiesasticamente sorridente che è tipica di tanti salesiani. Così a vederlo non sembra un Segretario di Stato nella linea dei porporati di vocazione diplomatica o paradiplomatica – come Merry del Val, Gasparri o Eugenio Pacelli, poi Pio XII, per fare qualche nome – ma piuttosto, ed è quel che era allora a Genova, un potente Arcivescovo di provincia. Si vede che Benedetto XVI deve avere in lui grande fiducia, dopo averlo avuto al suo fianco per anni come vicario nella Congregazione per la Dottrina della Fede. Anche questo elemento aggiunge una tonalità tutta particolare alla complessa situazione dei vertici vaticani. I quali tuttavia, malgrado ogni crisi ed ogni accenno di scandalo, continuano a conservare quella singolare caratteristica, al tempo stesso provinciale e universale, che contraddistingue in modo unico la Chiesa di Roma e che ho già ricordato. E’ una mescolanza di tollerante furbizia capitolina (una sorta di religiosità alla vaccinara o alla matriciana) e di sguardo totale sul mondo, praticamente senza limiti di paralleli e di meridiani. 
Per fare un esempio banale è quell’ insieme di vizi e di virtù che fanno di Giulio Andreotti un politico totalmente a parte nel panorama della Repubblica, posto a un livello molto più alto dei suoi colleghi. Tutti gli altri, Grillo compreso, sono politici, o parapolitici, italiani. 
Andreotti è vaticano, e fatalmente vede le cose dall’alto. Molte delle sue battute più famose ricordano lo spirito inimitabile di tanti dignitari della Chiesa. Si pensi  alla  frase secca e sorridente ribattuta da un vescovo ai tempi di Pio VII. Un generale francese minacciò il Vescovo: ”Distruggeremo la vostra Chiesa!”. E il Vescovo gli rispose: “Non ci riuscirete mai. Non ci siamo riusciti neppure noi altri.” Oppure alla frase che Leone XIII, dall’alto del suo lunghissimo papato, disse ad un diplomatico della Repubblica francese per convincerlo che la Chiesa non avrebbe più appoggiato i cattolici di Francia, rigidamente monarchici e conservatori e ormai superati dai tempi: “Si ricordi” disse il Papa “che in 19 secoli la Chiesa non si è mai legata a nessun cadavere, salvo che” e con la mano indicò il Crocefisso “ a quello!”.

(Battute 8.641)

1 commento:

Rosellina Mariani ha detto...

Scusami, però tu non mi hai ancora spiegato bene la tua grande cultura, di cui questo articolo ( come gli altri) è testimonianza lampante!
Il finale è straordinario.
Grazie come sempre