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26 agosto 2010


CAVOUR VISTO DAL SUD


Ricordo qui che, in seguito ad un mio intervento riguardante un articolo di fondo di Ernesto Galli della Loggia, a proposito di Cavour, avevo scritto un brano, pubblicato nel blog, a cui hanno fatto seguito altri interventi. Fra cui uno, teoricamente “neoborbonico” a firma del dottor Napolano, cardiologo di Napoli, indirizzatomi sul mio e-mail. Ho ottenuto dal dott. Napolano l’autorizzazione a riportarne il testo, garbatissimo e appassionato, nel blog. Pertanto riprendo qui il materiale che prende le mosse dall’articolo di Galli della Loggia, proponendo quindi la lettera del dott. Napolano che mi sembra ricca di conclusioni giudiziose (su altre più apertamente “indipendentiste” mi riservo di tornare più in là). Intanto ecco riferimenti:

in data 10 agosto ho pubblicato “Cavour era italiano?”, seguito da “La mia fedeltà a Cavour” in data 20 agosto.Qui di seguito pubblico, come da autorizzazione, la lettera del dott. Napolano.



Egregio Dottore,
mi permetta di presentarmi, dato che mi ha citato in un suo intervento, reputo opportuno che mi conosca. Sono un cardiologo lavoro in una azienda sanitaria della provincia di Napoli, e molto attento all’attuale fase politica che vede avanzare il federalismo.
Sono molto favorevole al federalismo e vorrei che fosse quanto più duro possibile, poiché esso potrà permettere a noi del Sud di fare i conti con noi stessi, una volta per tutte.
Non possiamo ancora illuderci che ci sia qualcuno che venga a risolverci i problemi con una bacchetta magica, pronta ad elargire soldi senza alcun limite.
Questa è stata sempre la speranza e l’obiettivo di tanti amministratori dei nostri comuni, province e regioni. Questa è stata la causa di tanto sperpero di denaro pubblico. Questa è la causa del malgoverno oggi esistente. Tutto ciò si è realizzato maggiormente durante la prima Repubblica oggi le cose dovrebbero cambiare, ma ancora ci si lamenta contro i cattivi della Lega, senza minimamente riflettere, di cosa quel movimento porta alla loro gente, cosa che qui non è assolutamente possibile, in quanto vige ancora una mentalità feudale. Nelle Regioni del Sud il rapporto con la politica è di tipo patologico, di tipo servile e prettamente personalizzato.
Mi spiego meglio: il rapporto con la politica nelle classi più agiate, quelle più colte, quelle che dovrebbero essere da stimolo affinché vi possano essere uomini e donne capaci di amministrare nell’interesse non dico della collettività, ma almeno di quella parte più importante della società che con il loro lavoro e le loro attività danno spinta e forza ad iniziative capaci di produrre ricchezza e lavoro, da noi non esistono, esse sono solo autoreferenziali e servili, ieri con Bassolino, domani con Caldoro. Il loro ragionamento è: a noi non interessa se il politico di turno è capace, onesto e laborioso, quello che importa è che risponda alle nostre esigenze personali o di lobby, se ci accordiamo, i nostri voti sono i suoi! Di conseguenza anche nelle classi meno ambienti il rapporto con la politica è similare.
Infatti se lei frequenta qualche segreteria politica, vedrà tanti questuanti, ma mai coloro che con spirito libero chiedessero conto, perché Napoli è sporca, perché non vi sono vigili urbani per strada, perché nessuno rispetta le regole più elementari per un convivere civile, perché non vi è lavoro, ne una possibile speranza di rilancio effettivo dell’economia, ecc.
Da ciò, ho esaminato il percorso storico della mia città Napoli, che 150 anni fa era una capitale europea, che aveva una sua collocazione tra le nazione del vecchio continente ed improvvisamente tutto ciò si dissolve.
Finisce non solo Napoli come capitale, ma una intera nazione svanisce nel nulla più assoluto, come se improvvisamente, un giovane viene strappato alla sua famiglia e portato in un altro paese e gli si dice tu sei un trovatello, non hai mai avuto una famiglia, sei un piccolo delinquente, per cui da oggi avrai una nuova famiglia che ti accoglierà e questo ti darà diritto a poter campare, mangiare e basta!
Non avrai diritto a studiare, se non poche cose, non avrai diritto a chiedere cose che noi non vogliamo che tu conosca, ecc.
Quando nel lontano 1972, fui interrogato in storia alla maturità classica, il discorso cadde su Garibaldi ed io senza pensarci su due volte lo definii un avventuriero e conquistatore, può immaginare le facce dei professori del tempo ed il voto avuto. Il membro interno della commissione, dopo essere uscito dall’aula, mi richiamò fortemente, poiché dovette sudare sette camice per farmi promuovere. Nessuno dei commissari poteva passarci su, per aver infangato la memoria di Garibaldi.
Da cosa nasceva questa mia affermazione e convinzione?
Dal conoscere la mia città!
Nelle domeniche libere, prima della maturità, facevo il turista tra i vicoli di Napoli e scoprivo giorno per giorno una realtà che sui libri di storia scolastici non vi era traccia.
Napoli era stata una grande capitale europea, in questa città, si erano svolti conclavi, incontri tra imperatori, prese decisioni sui destini di vari ed importanti paesi europei, Napoli era visitata dai più illustri uomini di cultura d’Europa.
Come era possibile che di tutto ciò sui libri di scuola non vi era traccia?
Da qui la mia ricerca, fino ad arrivare ai nostri giorni, ed avvicinarmi e condividere la battaglia che molte associazioni di ricerca storica stanno portando avanti, quella di far venire fuori dall’oblio la vera storia del Sud, quella dello Stato delle Due Sicilie, che ci è stata letteralmente e scientificamente sradicata e occultata, in modo che nessuno potesse un giorno ribellarsi ad una unità italiana imposta per motivi tutt’altro che fraterni.
Dal mio punto di vista la conquista della mia Nazione fu dovuta a due motivi
1) – la questione degli zolfi siciliani, dove Ferdinando II di Borbone, anche se per un legittimo interesse nazionale, decise di offrire alla Francia la gestione delle miniere, perchè più remunerativo, non considerò la potenza dell’Inghilterra, che per due buone ragioni non doveva inimicarsela: a) l’Inghilterra aveva protetto i Borbone dal momento della conquista del Regno da parte dei francesi, fino alla sua riconquista con il cardinale Ruffo; b) l’Inghilterra era la vera superpotenza dell’epoca e non la si poteva sfidare impunemente (Stati Uniti docet!), quindi la questi zolfi, che erano il petrolio di oggi, andava risolta con la forza, per cui Ferdinando dovette tornare sui suoi passi e ridare le miniere agli inglesi i quali non dimentichi di ciò, decisero che questa nazione era poco affidabile per la loro politica imperialista, quindi andava eliminata!
2) – la questione del potere temporale dei Papi di Roma, che in alcuni ambienti europei, particolarmente quelli massonici, si era più che mai convinti di doverlo abbattere, per realizzare tale impresa bisognava neutralizzare lo Stato delle Due Sicilie, fedele e stretto alleato del Papa.
Ora il problema storico è importante solo ai fini di un riscatto del nostro Sud, per fare in modo che dalla conoscenza della nostra storia si possa mettere in moto un risveglio dell’orgoglio di appartenere.
Noi non abbiamo amor proprio e della nostra terra, in 150 anni dall’annessione al Piemonte, questi sono i risultati: ci hanno cancellato la memoria storica, le nostre sane tradizioni, la nostra grande cultura, hanno fatto in modo che la parte peggiore della nostra società emergesse, che la illegalità trionfasse, che ognuno di noi, dico ognuno di noi, consideri le leggi un fatto coercitivo e non il sistema regolatore per la convivenza civile. Un quotidiano cittadino giorni fa, a firma di Francesco Cormino, suggeriva che con il federalismo, la scuola del nostro Sud ha l’occasione di modulare i propri programmi sulle vere esigenze dei nostri giovani, poiché credo, solo modificando con la scuola, il modo di pensare e di essere delle nuove generazioni, abbiamo l’opportunità di far rinascere il nuovo cittadino napoletano.
Tutti i giorni, più di una volta, vedo i nostri concittadini fare i furbetti per le cose più banali, passare con il semaforo rosso, andare nei sensi vietati, parcheggiare dove uno vuole, ricordo che il famoso sindaco di New York, Giuliani, recuperò Harlem imponendo il rispetto delle regole più elementari, appunto, quelle stradali. Ma ci rendiamo conto che le nostre strade e di conseguenza la città tutta è una giungla senza legge, dove ognuno fa quello che vuole. Questo è lo specchio della nostra società! E non vi è amministratore che vi ponga rimedio.
Cordiali saluti

Stanislao Napolano



Complessivamente l’argomento risulta di largo interesse. Mi sembra che sfiori un tema fondamentale per quello che riguarda l’Italia di oggi e di ieri. Tornerò sull’argomento. Vorrei fare una precisazione, in modo nè polemico nè arrogante. Riguarda i risvolti avventurosi e culturali della mia adolescenza. Se c’è qualcosa di cui sono nostalgico è una situazione che non ho assolutamente conosciuto, e che pertanto posso solamente immaginare. E cioè il vecchio Regno di Sardegna, intendo dire quello di una volta, con la Liguria, la Sardegna, Nizza e la Savoia. Un piccolo stato, che certamente non avrebbe partecipato alla Prima Guerra Mondiale, risparmiando centinaia di migliaia di vite umane, e nel quale si poteva parlare francese senza essere giudicati degli snob (a Roma, dove ho vissuto per un quarto di secolo, accade proprio così). Torniamo al presente, in attesa di lettere e osservazioni. Ricordo che il mio e-mail è il seguente: claudio.g.fava@village.it .


Al lavoro!


Claudio G. Fava

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