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19 luglio 2010

LE SPIE RETROSPETTIVE DI ALAN FURST


Natalino Bruzzone ed io siamo uniti, da tempo immemorabile, anche dalla passione per la “spy–story”. Siamo passati entrambi per una frequentazione, frequente e fiduciosa, dei romanzi di John Le Carrè. Debolezza da cui siamo in parte guariti assistendo al “Noir in Festival” di Courmayeur, ad una penosa esibizione del romanziere, negli ultimi tempi divenuto una sorta di “gauchiste” professionale. Proprio lui, il padre di Smiley, il cui nemico fisiologico, Karla, si disse essere il travestimento romanzato di “Misha” Wolf, il famoso capo della Stasi-Estero.
Oggi, 19 luglio 2010, Natalino pubblica nel suo giornale, il Secolo XIX, un ampio articolo dedicato ad uno scrittore americano, Alan Furst, che secondo Natalino, di fronte “all’agonia del genere, al silenzio o alle deviazioni ideologiche per la tangente, John Le Carrè ad esempio, di vecchi guru”, può rivendicare l’incontestabile ruolo di gran maestro della “spy-story”, nel segno di “Eric Ambler, Graham Greene e di una classicità che lo spingono là dove il Novecento, esaurita una prima, colossale, macelleria, si appresta a celebrare i disastri a più olocausti delle dittature”. Nato a New York (il 20 febbraio 1941), Furst è un europeo di elezione, per lunghi anni professore all’Università di Montpellier e poi residente a Parigi come giornalista, in quell’Europa da cui ha tratto lo stimolo e l’interesse per i suo romanzi, in genere ambientati nel nostro continente. Secondo i dati presenti in internet Furst ha pubblicato undici romanzi della serie “Night Soldiers”, iniziata nel 1988, più quattro romanzi “indipendenti”. Furst comincia ad essere pubblicato in Italia ad iniziativa di una piccola casa editrice, Giano, che di recente si è fusa con un nome già più conosciuto, e cioè Neri Pozza. All’ufficio stampa di questo doppio editore consiglio perciò di rivolgersi per altre informazioni. Secondo Natalino “Furst ha il potere sinuoso di portare dove vuole il suo osservatore modello, ben felice di misurarsi con uno stile limpido e secco, depurato di scorie sensazionalistiche e votato a raccontare la fine di un’era.” Natalino aggiunge che, paradossalmente, i capitoli di Furst hanno i colori del bianco&nero hollywoodiano nel turgido sbocciare di un melodramma virato d’angoscia. Ad esempio in uno dei suoi romanzi più recenti (è del 2008, pubblicato in Italia nel 2010), Le Spie di Varsavia, al centro del romanzo si trova l’attaché militare francese all’ambasciata in Polonia, colonnello Jean-François de Boutillon, compagno d’accademia di Charles De Gaulle a Saint-Cyr e d’accordo con lui nel sostenere l’uso “moderno” dei carri armati non condiviso dai generali francesi che si riconoscevano, fra l’altro, nelle teorie del maresciallo Petain.
Questi dati su Alan Furst mi sembrano tutti molto interessanti, sia per la vocazione “europea” dello scrittore americano, sia per la rievocazione fondamentale di un momento decisivo della vita pubblica e privata di Francia. Mi accingo ad ordinare i libri ed una volta lettili, a tornare sull’argomento, sempre sul mio blog, visto che per ora non ho altri sfondi di risonanza.


19 luglio 2010
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