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20 luglio 2010

LA POSTA DI DOC HOLLIDAY (15)

Gentilissimo “Doc Holliday”, mi può spiegare cos’è il “Cheat”? Mi dicono che riguardi gli attori sul “set”, ma non ne sono sicuro. Mi può aiutare? Grazie.
Suo BARILE Adolfo


Amico benedetto, ma dove è andato a trovare la parola “cheat” ? Francamente non l’avevo mai né letta né ascoltata, e si che mi piace frugare con lo sguardo nei titoli di testa originali, sia al cinema e in TV – dove spesso vengono spenti anzitempo - sia in quelli che si trovano ormai, parola per parole, riportati da molte riviste specializzate. Dalla nostra più modesta ma benemerita “Film” (in italiano) alla fatidica testata inglese “Sight and Sound” (ovviamente in inglese), tanto per citarne solo due fra tante.
Confesso che avevo un tempo un ottimo dizionario tecnico cinematografico in più lingue, ma nella confusione febbrile della mia libreria non sono più riuscito a trovarlo. E come spessissimo mi accade ho fatto ricorso a quegli che è sempre stato, e ancor più lo è, da quando, e da diversi anni, sono tornato ad abitare a Genova, il mio personale mezzo di salvamento. E cioè Piero Pruzzo, che anche questa volta mi ha tirato dall’imbarazzo. Consultando il “Dizionario dei termini cinematografici” di Francesco Vedovati, edito nel 1994 dall’ ”Ente dello Spettacolo”. Il testo dice letteralmente: “CHEAT: cambiamento di posizione di un attore rispetto alla inquadratura precedente, per favorire il punto di vista della mdp (macchina da presa – n.d.r.) per la nuova inquadratura.” Va precisato che in inglese come verbo “cheat” significa: “Imbrogliare, ingannare, barare” e come sostantivo. “Imbroglione, baro, sfruttatore” . Pertanto il significato gergale è chiaro. Si tratta di un “imbroglietto” visuale per soddisfare le esigenze del direttore di fotografia e del cameraman, determinate da chissà quali motivi. Ad esempio la necessità di cogliere meglio il profilo “buono” dell’attore (moltissimi attori sono persuasi di un avere una parte “brutta” del volto ed un parte “bella” e spesso vogliono essere ripresi di profilo solo dalla parte bella). Oppure un problema di ombre, che si è verificato ed a cui si vuol portare correzione con una inquadratura modificata che magari diventerà decisiva al montaggio. Oppure, ancora, qualche altra possibilità che su due piedi non so immaginare ma che riguarda le infinite sottigliezze visuali, gli “accrocchi”, come si dice a Roma (noi diremmo, forse, i “tappulli”, anche se vi è differenza fra le due cose) indispensabili per girare un film. Necessità tiranniche che rendono, appunto, l’arte di realizzare un film un insieme apparentemente incoerente di astuzie manuali e di noie mentali, di vuoti silenziosi e di pieni urlati e urlanti, di interrogativi minuti ed angosciosi e di decisioni generali e fondamentali, che determinano poi, bizzarramente, la storia del cinema e gli umori degli spettatori. Basterà ricordare due classici del genere ( “8 e mezzo” di Fellini ed “Effetto notte” di Truffaut) per far mente locale sulla minuta e stravagante qualità dei problemi che pesano su una “troupe”: dalla scelta di un gatto abbastanza obbediente per andare a leccare il latte avanzato da una prima colazione galeotta a quella, decisiva, di che cosa mettere nella inquadratura vuota e di cosa far dire veramente ad un attore e di come far finire un film (una bella galoppata musicale collettiva...) quando non si sa nemmeno come farlo incominciare......
Torniamo a noi ed alle riflessioni stimolate dalla inattesa ma utile domanda del Signor Barile (eviterò giochi di parole annosi, tipo: “Per rispondere ho grattato il fondo del barile”, eccetera) per richiamare ancora una volta il problema dei gerghi tecnici del cinema (perché qui ci occupiamo di cinema, ma il discorso è valido per tutti i gerghi professionali). E cioè la sfumata valenza di certe parole. Ad esempio in francese “Regisseur” significa “Amministratore, intendente” ( ad esempio di una proprietà) ma al cinema, e solo al cinema, significa “Segretario di produzione”. Oppure “Ensemblier”, che viene da “ensemble”, cioè “insieme” (e quindi, letteralmente, “insiemista”) ma che, soprattutto al cinema, significa “arredatore” o ancor meglio “ambientatore”. E via variando.
Mi rendo conto che potrei continuare all’infinito, ma temo che diventerebbe un vizzo esercizio elzeviristico. Pertanto saluto tutti e vi raccomando di pormi sempre quesiti complicati come questo. Così sono obbligato a fare ricerche ed a studiare seriamente. Come è noto una studiosa gioventù prepara ad una saggia vecchiaia.
Speriamo bene.

(Pubblicato sul n° 56 Gennaio-Febbraio 2004 p. 19)

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