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10 maggio 2010

Di nuovo in scena Luciano Vincenzoni

La mia telefonata a Vincenzoni ha avuto successo. Ad esempio, rassicuro SG che prossimamente seguirà una nuova telefonata con Luciano, che ci racconterà molte altre cose spassose del suo illustre passato di soggettista e sceneggiatore. Intanto Luciano mi ha mandato due documenti: un telegramma di Gillo Pontecorvo inviatogli negli Stati Uniti, a proposito di una sceneggiatura (è in italiano e la pubblicherò qui integralmente) ed una lettera di Billy Wilder, grande amico di Luciano. La lettera di Wilder è, naturalmente, in inglese ed è datata 1 Luglio 1994 (ricordo che Wilder, nato nel 1906, è morto nel 2002 all’età di 96 anni; all’epoca della lettera aveva 88 anni ed era ormai dimenticato da quel mondo di Hollywood che lo aveva incensato per decenni). La lettera riguarda una sceneggiatura di un film intitolato “Il selvaggio amico mio”, nato da una scoperta fatta da Vincenzoni. Egli aveva infatti appreso che negli anni successivi alla guerra d’Etiopia (riprendo qui un suo testo esplicativo): “I RAS ribelli e pericolosi venivano mandati al confino in Italia. Mi piaceva l’idea che gli italiani […] trattassero gli infelici RAS come selvaggi, mentre in realtà spesso erano civilissimi e magari laureati nelle università inglesi. Ailè, il mio RAS, si scoprirà infatti che è laureato in Medicina ed ha molte altre qualità. Per cui all’inizio, la Domenica, le famigliole portano i bambini a tirargli bucce di patate ed a fare pipì oltre i reticolati dell’improvvisato campo di concentramento, completo di tucul e palme a cui è incatenato Ailè. Ma in seguito si ammala il medico condotto del paese e sono costretti a liberare il Dott. Ailè che si dimostra subito esperto e per molte altre ragioni indispensabile. I personaggi e le situazioni di questa tragi-commedia sono il contenuto di una bella sceneggiatura che ho arricchito con la collaborazione di Rodolfo Sonego. Volevamo produrre il film noi autori ma nessuna distribuzione, né RAI né MEDIASET, gli diede fiducia. Poi è venuto a mancare Nanni Loy che doveva essere il regista, ci siamo arresi e abbiamo venduto il soggetto ad una produttore cialtrone che non ne ha fatto niente. Anche Sonego mi ha lasciato (nato nel 1921 è morto nel 2000 – n.d.r.), a me è rimasta solo questa lettera di Wilder che ti mando in copia”.
Questo testo è tratto da una lunga lettera autografa. Fra le tante altre cose Luciano mi dice anche “Ti confesso che la lettera di Wilder e il telegramma di Gillo per me valgono come due Oscar.
Adesso pubblico qui la traduzione in italiano della lettera di Billy Wilder, che è, come ho detto del 1 Luglio 1994. All’insegna, così usa in America, dell’indirizzo in neretto del mittente, che vale la pena di riportare per esteso: “10375 Wilshire Blvd., Los Angeles, California, 90024”.
Ecco la lettera: “Carissimo Luciano, ti rispondo con ritardo perché ho dovuto aspettare che la mia segretaria tornasse dalla ferie.
Come tu sai, io detesto leggere il materiale scritto da altri (è ancor peggio che farsi trapanare i denti mentre suonano musica hawaiana alla radio). Ma in qualche modo, dando un’occhiata al tuo soggetto, un particolare paragrafo mi è saltato agli occhi e l’ho letto per intero non una volta ma due.
Io detesto le esagerazioni ma, secondo me, è fra le cose più belle che siano sgorgate dalla tua macchina da scrivere: sfondo straordinario, personaggi meravigliosi, divertimento e nostalgia, un ritratto delicato ma anche penetrante dell’idiozia del fascismo. Naturalmente deve essere realizzato il Italia. Il giovane di colore Hailè (Ailè – n.d.r.) è una parte splendida. Quello che non capisco bene è perché debba scegliere uno Schwartzer americano (qui Wilder usa la parola jiddish per indicare un nero – n.d.r.) piuttosto che un etiope. Perché non cercare un personaggio di colore che parli – quando parla – con un accento britannico? A Londra ci sono alcuni dei migliori attori colored che io abbia mai visto. Certo, si sentirà la tua mancanza quando cercheremo qui un attore nero e non avremo più possibilità di vederti. Ma, onestamente, ti risparmierai un lungo viaggio e non necessariamente troverai qualcuno che si valido al 100% (immagino che stia pensando ad una sorta di Marlon Brando nero). Guardati intorno; forse c’è qualcuno in Italia. È il punto cruciale dell’intera vicenda che hai creato.
Ti vogliamo molto bene; abbi cura di te e realizza questo progetto a qualsiasi costo (Wilder dice letteralmente dai a questo progetto entrambe le ginocchia, modo di dire americano che significa: Rompiti le ginocchia ma realizzalo – n.d.r. ).
Billy (firma manoscritta – n.d.r.)
Questa è la traduzione letterale della lettera di Billy Wilder. Luciano me ne ha inviato la fotocopia con una sua lunga nota manoscritta in cui ricorda che aveva preso l’abitudine di sottoporre i suoi lavori al giudizio di Billy Wilder. “Per stima, certo, ma anche per fargli sentire che per me lui era sempre il più importante alla faccia della spietata Hollywood che, quando aveva compiuto i 75 anni, lo aveva emarginato. Il suo telefono non squillava più. Wilder ne soffriva, si vergognava e si inventava misteriose malattie reumatiche che, anche volendo, gli avrebbero impedito di lavorare. Ingurgitava medicine, comprava attrezzi elettrici per massaggiarsi, tutto inutilmente. Il telefono restava muto. Questi dolorosi dettagli me li aveva rivelati la moglie Audrey”.
Insieme alla lettera, come ho detto prima, mi ha inviato la fotocopia di un telegramma di Gillo Pontecorvo. “Come saprai – scrive Luciano - Gillo ha fatto solo 5 lungomentraggi in mezzo secolo perché perfezionista e un po’ caca dubbi. Con il povero Solinas che perdeva dai tre ai quattro anni a rielaborare e modificare le sceneggiature (Franco Solinas, nato nel 1927 e morto nel 1982, fu un noto sceneggiatore in onore del quale venne istituito un premio - n.d.r.). Negli anni ’80 un giorno mi telefonò in California Dino De Laurentiis esasperato perché aveva chiamato a New York Pontecorvo per fare un film sugli strozzini della Mafia tratto da un romanzo di un autore americano. Da sei mesi Gillo e uno scrittore americano si riunivano a lavorare, ma Dino non aveva ancora letto una riga. Mi incaricò di risolvere il problema. Andai a New York e mi incontrai con Gillo per una paio di settimane prendendo appunti sulla sceneggiatura. Alla fine gli suggerii di volare in Italia. Io sarei tornato in California e gli avrei mandato a Roma la sceneggiatura finita. Chiese quanto tempo mi serviva. Risposi che mi bastavano 3 o 4 settimane. Sghignazzò scettico, gli sembrava assurdo, addirittura impossibile. Comunque partì perché era ansioso di tornare in famiglia. Venti giorni dopo gli mandai a Roma la sceneggiatura. Ti confermo che la lettera di Wilder e il telegramma di Gillo per me valgono come due Oscar. Ovviamente poi neanche questo film si è fatto. Così va il mondo”.
Ecco il testo del telegramma di Pontecorvo: “Vincenzoni, 1523, Summitridge Dr., Beverly Hills, California 90210. tentato inutilmente telefonarti. Riproverò domani. Stop. Tuo lavoro miracoloso in così poco tempo. Stop. Ci vorranno forse modifiche soprattutto di dialogo in cinque scene. Ma siamo vicinissimi. Abbracciati Gillo”.
Claudio G. FAVA (Ne riparleremo prossimamente con Luciano)

1 commento:

virginia zullo ha detto...

Ho avuto l'enorme piacere di leggere Pane e Cinema il libro di Luciano VINCENZONI edito da gremese . Come disse Billy wilder : L Italia ha un genio e non lo sa....