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12 gennaio 2009

CAMERA EYE: IL TRIO MELTING POT








Due giorni fa ho visto sul canale televisivo della CNN la cerimonia di presentazione ai giornalisti del nuovo capo della CIA, Leon Panetta e del nuovo capo, Dennis C. Blair, della National Intelligence, vale a dire dell’organismo che in America coordina tutte le numerosissime agencies di spionaggio e controspionaggio, con la preoccupazione di fondere in un unico corpo le innumerevoli informazioni riguardanti il terrorismo (è un frutto della reazione agli attentati dell’11 Settembre 2001).
Le immagini in televisione sembravano frutto di un calcolatissimo meccanismo di propaganda interrazziale. Vale a dire l’esaltazione di quel “melting pot” (letteralmente “crogiolo”) che un tempo affascinava i laudatori dell’integrazione delle diverse componenti etniche, base della società americana. Infatti al centro della cerimonia si vedeva Barack Obama, indubbiamente “abbronzato” all’apparenza, titolare di quel colorito scuro tipico di tanti “coloured” americani di successo (da Condoleeza Rice a Colin Powell, assolutamente neri di razza ma palesemente contagiati da qualche tocco di sangue bianco; nel suo caso esplicitamente richiamato dalla madre). Al fianco del Presidente eletto spiccava l’immagine assolutamente calabrese di Panetta e quella, molto “Wasp”, dell’ammiraglio Blair. Si aveva l’impressione che Obama, al di là dei meriti dei singoli, avesse deliberatamente operato una commistione visuale in modo da mandare un messaggio molteplice ma esplicito al pubblico. Tre delle fondamentali componenti della società americana di oggi (i neri, gli italo-americani e gli anglosassoni; esclusi dall’immagine gli ebrei e gli ispanici, che sicuramente arriveranno in qualche altra proclamazione di apparenza e di sostanza) erano abilmente riassunte con una sola operazione, che ha richiami evidenti ma che corre qualche rischio. La nomina di Panetta, infatti, è stata molto contrastata anche da esponenti democratici perché l’uomo ha accumulato molteplici esperienze ma nessuna nel ramo specifico dello spionaggio, che a molti deputati sembrava essere un’esigenza assoluta per un uomo messo a dirigere la più importante “agenzia” statale investigativa americana, e cioè la CIA. È stato in passato uomo di fiducia di Bill Clinton, che lo aveva nominato “Chief of Staff” della Casa Bianca, carica che in genere è riservata a persona di assoluta fiducia, e per sedici anni (dal 1977 al 1993) membro della “Camera dei rappresentanti”. È un tipico esemplare di quell’ampio nucleo di immigrati italiani meridionali di stretta osservanza cattolica che hanno contraddistinto tutta un ampio frammento degli Stati Uniti. È nato in California a Monterey il 28 Giugno 1938, i suoi genitori avevano un ristorante, ha frequentato scuole cattoliche, un’Università anch’essa cattolica, la “Santa Clara University” (gestita dai Gesuiti), ove nel 1960 si è laureato “magna cum laude” ottenendo un BA in Political Science, e tre anni dopo, nel 1963, si è laureato in Legge e ha cominciato a fare l’avvocato. Da quel momento è iniziata una lunga carriera politica, prevalentemente democratica. Inaspettatamente Obama ha ripescato quest’uomo di fiducia di Clinton (la sua carica alla Casa Bianca durò dal 17 Luglio 1994 al 20 Gennaio 1997) che sembrava ormai stabilmente ritornato alla sua professione di avvocato, anche se non ha mai interrotto i rapporti con organismi politici. Se Panetta è una scommessa lo è un po’ meno Dennis C. Blair, ufficiale di Marina ormai in pensione, che è stato comandante in capo delle forze americane nel Pacifico, l’incarico di maggior peso di tutte le forze americane nella regione asiatica del Pacifico. Ha avuto anche esperienze nello spionaggio militare ed è stato protagonista di uno scontro con le autorità civili americane mentre aveva luogo il delicato rapporto con l’Indonesia ai tempi dell’occupazione di Timor. Appartiene a quella stessa tradizione familiare, tipica anche della vita di McCain, che aveva un padre e un nonno ammiragli. Blair, anche lui proveniente dall’accademia navale di Annapolis, può vantare addirittura cinque generazioni di antenati ufficiali e fra le sue varie esperienze c’è anche una “Rhodes Scholarship” a Oxford, ove si è laureato in “Russian Studies”, nello stesso periodo in cui anche Bill Clinton studiava a Oxford. Adesso dipenderà da lui far funzionare il complicatissimo meccanismo dei molteplici dipartimenti, di fatto indipendenti l’uno dall’altro, dello spionaggio americano. Mi limiterò a ricordare i cinque servizi militari (Marina, Esercito, Aviazione, Marines e la DIA, il servizio segreto della Difesa che avrebbe dovuto sostituirli tutti e che invece ha finito con l’allinearsi al loro fianco). Poi il Ministero dell’Energia, il Ministero degli Esteri, il Ministero del Tesoro, la DEA (Drug Enforcement Administration), l’FBI, la National Geospacial Intelligence Agency, la National Reconnaisance Agency, la National Security Agency (quella che intercetta mezzo mondo e che è il più ampio e più ricco meccanismo di spionaggio americano), la Coast Guard, per non citare che i principali. Credo ne facciano parte anche i servizi investigativi delle dogane, quelli che controllano i confini degli Stati Uniti, gli U.S. Marshals, e anche altri settori della complicatissima organizzazione pubblica americana. Tenere in piedi un organismo di controllo e di coordinamento mi pare un’impresa estremamente difficile e non so quanto i governanti americani ne siano soddisfatti.
In ogni caso basta vedere le foto di Panetta, con quella sua inconfondibile aria da prefetto calabrese, e quella di Blair, alto, rigido, stempiato, anglosassone palesemente modellato da Annapolis, per capire che Barack Obama è un autentico uomo di stato americano, abilissimo (come abbiamo appreso al cinema e nei romanzi) a tenere in piedi un sistema integrato di pesi e di contrappesi che sembra uscito da un romanzo di spionaggio.

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