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24 giugno 2008

SESSO MATTO


RIVOLI

SESSO MATTO
di Dino Risi

Italia - Technicolor
Anno: 1973 – Sogg.: D. Risi e Ruggero Maccari – Scenegg.: R. Maccari - Foto:Alfio Contini – Mus.: Armando Trovajoli – Mont.: Alberto Gallitti – Cost. trucco: Enrico Job - Interpreti: Giancarlo Giannini, Laura Antonelli, Alberto Lionello (“Gilda”), Rullio Del Prete, Paola Borboni. Pippo Starnazza, Lino Puglisi, Carla Marcini, Lorenzo Piana, ecc. – Prod.ne: Pio Angeletti, Adriano De Micheli per Dean Film – Distr.ne: Delta (Regionali).

Regia: 7 – Sogg. e scenegg.: 4 – Fotografia: 7 – Attori: 5 – Media voto: 6.

Un altro di quei film in cui Dino Risi sciupa e getta al vento della banalità erotica di moda uno dei più bei talenti nativi di narratore di cinema che possegga il cinema italiano. Quello che, in 21 anni di carriera, gli ha permesso di firmare opere come “Viale della speranza”, “Il mattatore”, “Una vita difficile”, “Il sorpasso”, “La marcia su Roma”, “I mostri”, “L’ombrellone”, “Il gaucho”, “Straziami ma di baci saziamo”, lo stesso “Mordi e fuggi”; ma anche di abbandonarsi ad altri film, indegni della sua capacità e della sua intelligenza (basterà ricordare, fra quelli recenti, la maggior parte degli episodi di “Vedo nudo”).

Anche in questo “Sesso matto” Risi presenta un elenco di frammenti – 9 episodi in tutto ò ove la flebile ispirazione dei temi e la sceneggiatura da goliardo invecchiato di Maccari (i tempi del vecchio “Marc’Aurelio” sono finiti, ma lui sembra non accorgersi) sono posti senza estro e spesso con distratta sfacciataggine al servizio di una nuova coppia di successo, la Giannini-Antonelli. Lui, attore non eccezionale, che il cinema italiano sta rapidissimamente divorando e distruggendo a forza di caratterizzazioni calcate e di dialetti assortiti e male imitati; lei, in fondo meno ambiziosa all’apparenza, meno impegnata, meno costretta a recitare, e che qui, tutto sommato, se la cava in fondo meglio di lui, ridotta quasi sempre ad una vera “spalla”, maliziosamente sensuale, così come il recente e fortunato “cliché” di “Malizia” la rende appetibile ai produttori e ai noleggiatori.

9 episodi, s’é detto, di cui forse il solo che in qualche modo si salva è l’unico, per combinazione che non preveda la presenza dell’ Antonelli, ma di Gianni e si Alberto Lionello. Si intitola “Un amore difficile” e racconta dell’incontro di un ingenuo, ma scaltro emigrante meridionale a Milano con una fascinosa passeggiatrice notturna, che si rivela poi uomo e padre di famiglia e consanguineo strettissimo…Al di là della scabrosa scelta del tema “familiare” e omosessuale, resta la inattesa e maligna presenza “femminile” di Lionello, attore teatrale il quale solitamente si concede poco e male al cinema, e che qui si diverte a schizzare il suo personaggio di “travesti” pomposo e isterico, con una scioltezza beffarda…Per il resto degli episodi c’è poco da scegliere: “Signora sono le otto”: cameriere fedele e padrona fintamente distratta: una sciapa barzelletta senza storia; “Due cuori e una baracca”: due poveracci carichi di figli fanno l’amore parlando di mangiare per non svegliare i bambini: miserabilismo a freddo. “Non è mai troppo tardi”: avvocato con bella s’innamora solo di donne vecchissime, diventa l’amante di una senile Paola Borboni e ne violenta la madre; fra il surrealista e il disgustoso; “Viaggio di nozze”: focoso emiliano riesce a consumare l’atto matrimoniale solo su mezzi di locomozione: discretamente idiota; “Torna piccina mia”: bruttissimo impiegatuccio piemontese paga prostituta perché simuli d’essere la moglie, che l’ ha abbandonato e di cui tiene una bambola fac-simile in salotto: irrisolto e presuntuosetto; “Lavoratore italiano all’estero”: in Danimarca meridionale integratissimo e sposato in loco, vive bene e mantiene la famiglia vendendo il suo seme ad una locale “Banca della riproduzione”, e per farlo deve immaginarsi che la suora che lo accoglie lo assista nel compimento del lavoro. Discretamente sciocco e geo-politicamente improbabile (perché una suora, se suora è, in un paese dove i cattolici sono circa lo 0,60% della popolazione e dove è comunque poco probabile che le pochissime religiose si dedichino ad una attività di tecnica riproduttiva?). “La vendetta!: vedova siciliana sposa l’anziano capo-mafia uccisore del marito e lo uccide a sua volta con accelerati ludi amatori: prevedibile e noioso; “L’ospite”: moglie di industriale provoca in tutti i modi ignaro ospite a cena per eccitare il marito con il quale è d’accordo: faticato e sbrindellato.

Come si vede, c’è poco da scialare. Emana dal film un saporuccio di noia ed una vocazione al cattivo gusto, che non sono riscattati dal nitore di confezione “tecnica”, l’unico motivo, del resto, per il quale ci si induce a dargli la sufficienza nell’abituale tabellina.

Claudio G. Fava (“Corriere Mercantile”, 22/12/1973)

1 commento:

Anonimo ha detto...

Personalmente non c'è film di Risi che mi abbia deluso, escludendo forse solamente "Pane amore e...".

Bel blog di una vera colonna della critica italiana, senza inutili adulazioni, ma solamente ribadendo delle ovvietà.

Ah....e bellissimo l'"Anima persa" che hai presentato ieri sera al Genova film festival, e che proprio ieri sera ho visto proprio per la prima volta.
Un saluto.