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3 aprile 2008

La posta di D.O.C. Holliday (11.a. puntata)

- LA POSTA DI D.O.C. HOLLIDAY -

Ho appena visto Film D.O.C. e la ringrazio della risposta. Allora è proprio vero che possiamo continuare a rimpiangere i vecchi doppiatori. Ho visto l'altra sera alla Tv il bellissimo "A qualcuno piace caldo". Che voci e che abilità! E sì, era proprio un'altra cosa da quella che si ascolta oggi. A pensare come l'avrebbero doppiato adesso, mi vengono i brividi. Non voglio tediarla oltre. Per questa volta tanti bellissimi auguri dalla sua scocciatrice ma che è anche una sua ammiratrice. Buon 2000. Con i più rispettosi ossequi. ANTONIETTA BOLLO GENOVA-CORNIGLIANO

Ho lasciato le espressioni lusinghiere nei miei confronti perché si tratta di una lettera scritta il 1° gennaio e quindi agli albori di un nuovo millennio, circostanza in cui tutto si perdona e tutto si giustifica (anche l'ipotesi che io mi aduli, da solo, pubblicando lettere troppo elogiative nei miei stessi confronti. Il che è sempre un male quando si è titolari di una rubrica di posta !). Non ritorno sul problema del doppiaggio sul quale ho già scritto nella puntata precedente, appunto quella a cui allude la signora Bollo. Per quel che riguarda "A qualcuno piace caldo"("Some Like it Hot", Billy Wilder, 1959) sono andato a controllare i nomi dei doppiatori nell'utilissimo libro di Mario Guidorizzi "Il mito di Hollywood" - Edizioni Scientifiche Italiane, Napoli, 1999 - ove sono elencati con "cast", "credits" e giudizi critici, tutti i film americani dal 1930 al 1960. Guidorizzi ha compiuto anche un lodevolissimo sforzo per rintracciare ed elencare nei "cast" le voci italiane di centinaia di film americani, da vero appassionato (è sicuramente uno dei più bravi "rintracciatori" di voci che io conosca, superato soltanto da Enrico Lancia; come è noto questo è un campo nel quale valgono quasi esclusivamente la memoria e l'orecchio, dato che non vi sono pubblicazioni sistematiche, e continuamente aggiornate, di elenchi di doppiatori. Anche questa è una cosa a cui speriamo di ovviare a Finale Ligure con il Festival "Voci nell'ombra"). Bene, ecco l'elenco degli interpreti, e delle voci italiane, del film di Wilder. Marilyn Monroe: Rosetta Calavetta; Tony Curtis: Pino Locchi; Jack Lemmon: Giuseppe Rinaldi; George Raft: Gualtiero De Angelis; Pat O'Brien: Giorgio Capecchi; Nehemiah Persoff: : Mario Pisu; Joan Shawle: Lidia Simoneschi; Billy Gray: Manlio Busoni; George E.Stone: Cesare Polacco; Mike Mazurki: Luigi Pavese; Edward G. Robinson: Massimo Turci. Non so se mi spiego !!

Sono andata a vedere fiduciosa "Happy Texas" di cui avevo letto meraviglie. Anche "Repubblica" gli dedicava una pagina intera. Ma che delusione ! Un filmetto gracile come un grissino, con degli attori di mezza tacca, che quasi quasi sono meglio Aldo, Giovanni e Giacomo. E lei che cosa ne pensa? MARINA BURLANDO

Le dirò, io, via via che passa il tempo, penso sempre meno. E' una delle grandi conquiste della vecchiaia quella di potersi astrarre totalmente dai meccanismi di vita che ci circondano, dicendosi: "non capisco più niente di quel che accade, e in fondo non me ne importa nulla". In particolare, al cinema mi diverto poco, e ripenso con divertito scetticismo a certi miei folli entusiasmi di gioventù, alle migliaia di film visti e recensiti, alle notti in bianco a scrivere, alla montagna di carta che ne ho ricavato. E' anche vero che mi vengono sempre più in mente film del passato, e perfino il locale dove ho visto quel tale Don Siegel o quel Peckinpah o quel Rossellini. L'altro giorno mi sono rivisto (in cassetta) per l'ennesima volta "L'ultima minaccia" (Deadline U.S.A.", di Richard Brooks, 1952), straordinario film "liberal" sul giornalismo con uno splendido Humphrey Bogart, doppiato dal più grande di tutti, Emilio Cigoli, e con una mirabile Ethel Barrymore, doppiata da Giovanna Scotto. Dopodiché per qualche giorno mi è passata la voglia di andare al cinema. Comunque, per venire alla sua domanda, le dirò che, tanto per uscire dalla convenzione della critica di casa nostra, ho fatto via internet una ricerca su "Happy Texas" per cogliere le radici del successo ed in effetti ho visto che in America è stato un trionfo totale, di critica e di pubblico. Ha mietuto elogi al Festival di Sundance - fondato e diretto da Robert Redford e diventato ormai una sorta di rassegna ufficiale della produzione minore americana - è stato pagato, se ho letto bene, un milione di dollari ed a ottobre ne aveva già incassato 140 sul mercato interno, ed infine ha ricevuto recensioni esaltanti da buona parte della stampa americana. La struttura è semplice e la trovata dei fuggiaschi che si rinserrano in un paesino, vengono creduti diversi da quelli che sono e ottengono un grande successo, è uno dei meccanismi di base di tanto cinema comico, grottesco e farsesco, ed anche qui funziona, perché no, senza giustificare tuttavia gli entusiasmi d'Oltreoceano e quelli, riflessi, di casa nostra

Ho scoperto la Vs. rivista e mi complimento. Ma devo osservare che l'articolo dove si parla dei mali del cinema attuale sa tanto di una voglia di censura con la scusa dei bambini. Ma lasciamo che vedano tutto anche loro come fanno in tutti i paesi progrediti, ormai anche da noi è l'ora di crescere come in un paese civile. Per il resto per un patito di cinema come sono la rivista è molto interessante. Buon lavoro. Ciao. DAVIDE SITTA (??)
Ringrazio per i complimenti (la lettera è giunta in un busta dello Starhotel ed è stata imbucata a Brignole: indizi che fanno pensare che l'autore fosse a Genova di passaggio). Non ho voglia di aprire un dibattito sulla censura, tema che ha ossessionato la critica italiana per decenni. Mi limito ad osservare che anche in altri paese essa esiste - ad esempio negli Stati Uniti c'è la PG, Parental Guidance, il divieto sino ai 17 anni, eccetera - a dimostrazione del fatto che non tutti vedono tutto.
(Da "La posta di D.O.C. Holliday", "Film D.O.C.", anno 8, n. 37, Mar.-Apr. 2000)

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